Per i ragazzi di una volta e per tutti gli innamorati del pallone, è stato l’«introvabile». Non lo è per gli appuntamenti dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà: parte il torneo di tennis e Gigi Pizzaballa non manca mai. «L’essenza di questo torneo non è mai cambiata e speriamo non cambi, soprattutto perché qui si raccolgono fondi per cause importanti – sorride il portierone -. Per noi giocatori è anche l’occasione di ritrovare amici che non si vedono nel resto dell’anno, per scambiarsi i pensieri. È un po’ come l’adunata degli alpini».
Una leggenda tra i pali, un’icona dell’Atalanta, un eroe della Coppa Italia tinta di nerazzurro nel 1962/63 che sa sempre regalare il sorriso e la parola giusta. Partendo da un’analisi sulla stagione che si è appena conclusa e che ha portato Bergamo nell’Olimpo del calcio: «Di questa squadra mi ha stupito di più la continuità, l’aggressività, il gioco – riflette il portierone classe 1939, all’Atalanta dal 1958 al 1966, poi dal 1976 al 1980 -. Dopo il periodo iniziale critico, si è imboccata la strada giusta e non si è più andati in tilt, mostrando un bel gioco, una difesa sempre alta, ripartenze continue, gli inserimenti dei centrocampisti, i gol dei difensori. Il bello del calcio, insomma. L’Atalanta poteva ripetere l’impresa del Verona: peccato per la partenza, altrimenti avremmo potuto pensare a vincere il campionato (sorride, ndr)».
Da saracinesca, il suo sguardo non può non posarsi a chi s’è alternato tra i pali dell’Atalanta in questo campionato. L’inizio con Sportiello, l’affermazione di Berisha, l’arrivo di Gollini. E per la prossima stagione? «Penso che la scelta sia stata fatta, e sia quella di puntare su Gollini, salvo un eventuale riscatto di Berisha (il cartellino è di proprietà della Lazio, ndr). Come ho visto Gollini? Con i giudizi è giusto andarci piano, perché abbiamo visto la recente delusione di Sportiello – ragiona Pizzaballa, in carriera in forza anche a Roma, Verona e Milan -. Ma se Sportiello trovasse la squadra giusta, non avrebbe problemi a rilanciarsi».
Nella storia dell’Atalanta, il nome di Pizzaballa è intrecciato a un’epopea straordinaria, la Coppa Italia conquistata sotto il cielo di San Siro il 2 giugno 1963. Ma si può fare un paragone tra quell’impresa e l’annata appena vissuta da Raimondi e compagni? «Impossibile fare paragoni, parliamo di due storie completamente diverse – è la riflessione di Pizzaballa -. A partire dal gioco: più elaborato e lento il nostro, più veloce e atletico quello di oggi. Poi sono passati cinquant’anni, in mezzo è cambiato tutto, anche se il pallone è rimasto rotondo. Gomez-Domenghini? Due giocatori completamente diversi».