Da Trescore a Cividino, ma sentendosi sempre a casa. L’Accademia dello Sport per la Solidarietà chiama e Lino Mutti risponde presente, un altro anno insieme nel segno della terra rossa e della solidarietà. Terra rossa, già, ma una straordinaria tinta nerazzurra sottopelle. Classe ’54, dalla Val Cavallina al resto dello Stivale attraverso scarpette e panchine. Gli inizi nel vivaio dell’Inter, poi l’avventura più bella: stessi colori, il nero e l’azzurro, ma una maglia diversa, quella dell’Atalanta, la squadra della sua terra, l’undici a cui ha maggiormente legato la sua carriera.
Giocatore atalantino (mezzala, per la precisione) tra 1981 e 1984, la Dea caricata sulle spalle e riportata dagli abissi della Serie C al paradiso della Serie A: un centinaio di presenze tra campionato e coppe, oltre una ventina di reti, belle soddisfazioni per chi cresce a Bergamo: poi, passato dal campo alla panchina (l’esordio col Palazzolo nel 1988 e poi i tanti sorrisi col Leffe, solo per citare l’incipit della seconda vita calcistica), il primo rendez vous atalantino capita nel 1998, una stagione stagione alla guida della Dea chiusa al 6° posto in Serie B.
Certe storie poi ritornano, a Mutti capita nel 2010. C’è un’Atalanta in difficoltà sul fondo della Serie A, il tecnico di Trescore arriva, ci mette l’impegno e la laboriosità bergamasca: la situazione era però già compromessa, i nerazzurri scivolano in B, ma per Mutti il bilancio non è negativo.
Altre esperienze, una carriera sempre nel segno del calcio, con epopee d’eccezione: è sua, in panchina tra 2003 e 2006, la firma della favola di un Messina portato dalla cadetteria allo storico settimo posto in Serie A. Dalla Lombardia alla Sicilia, un giro d’Italia attraverso il fubal. E il richiamo al ciclismo non è per caso. Aspettando il suo incontro d’esordio al Tennis 2016, Mutti chiacchiera volentieri della corsa rosa: «Quest’anno la competizione è imprevedibile, forse manca un protagonista assoluto che sappia fare il vuoto. Nibali va forte, ma non è certo Pantani».
Dalla bici alla racchetta, anche in quest’edizione il mister di Trescore non manca il suo sostegno all’Accademia: «E’ un appuntamento a cui vengo sempre volentieri, è una bella occasione per stare in compagnia e far del bene. A quale tennista m’ispiro? Per me, il migliore resta sempre Federer», sorride Mutti. E poi via, la racchetta in spalla e la chiacchiera sempre cordiale con i soliti amici. Perché al Tennis 2016 si respira l’aria di casa.